« L'Accidia una freddura,
ce reca senza mesura,
posta 'n estrema paura,
co la mente alienata »
Jacopone da Todi, Laudi - Trattato e Detti
Svegliarsi e non aver voglia di aprire gli occhi, la forza di girasi dall'altro lato, di cambiare posizione: dalla fetale alla supina, alla prona, a quella contorta.
Il corpo fortunatamente riesce a reagire per conto suo e suggerisce uno stiracchiamento, poi un animalesco sbadiglio, infine ti stropicci gli occhi e sei pronto a vedere dove cazzo ti trovi.
E' la mia stanza, la riconosco, sono passati tanti anni ma è sempre la stessa, poche modifiche, una sola ritinteggiatura fatta solo pochi anni fa con un colore neutro, che non mi dà stimoli, che non avevo scelto io, ma che avrebbe dovuto segnare un passaggio da una fase ad un'altra della vita.
Sopra a queste cose, stranamente, ci passo sopra. Stranamente sì, perchè ci sono alcune cose alle quali riesco masochisticamente a dare un peso che non dovrebbero avere nonostante agli occhi del mondo possano apparire come delle eminenti cazzate.
Non lo so, sento di avere la mente bacata a causa di un processo di logoramento che trovo irreversibile, come se ormai si fosse superato un punto di non ritorno.
Ritorno, l'eterno ritorno... ritorno a che cosa... a chi ero?
Perchè, adesso chi sono?
Cosa sono?
Sono ancora?
Una cosa certa è che sono simile, simile a qualcuno che sono stato ieri e che sarò domani.
Per quello che sono stato ieri non posso fare più niente a meno di inventarmi delle balle, fare del revisionismo sulla mia storia, ma così facendo potrei anche riuscire ad ingannare gli altri ma non me stesso; saprei di mentire. E soprattutto non cambierebbe le cose.
Quali sono le cose che dovrebbero cambiare?
E cosa intendo per cambiare?
Quando dico cambiare intendo dire migliorare, che a stare peggio di così non ci tengo proprio.
Come posso migliorare?
Cosa posso migliorare?
Chi, di colui che sono, migliorerò?
Qualcuno ha un foglio di istruzioni?
La mia stanza è rimasta simile a se stessa quasi uguale nel corso degli anni; io nel corso degli anni sono inevitabilmente e fortunatemente cambiato, ma non ho modificato poi così tanto questa stanza che, alla fine, mi stava anche bene come stava.
Di certo sono uno che prova ad adattarsi.
Se non posso evitare una situazione allora cerco di assecondare, di pormi nella situazione che non mi possa fare più male del previsto.
Ci sarebbe un'altra filosofia di vita però che vorrei anche considerare: ed è quella che, non so chi la dice, ma in sostanza afferma che è necessario modificare ciò che ci circonda in modo che noi possiamo ottenerne il massimo vantaggio, per ottenere quello che vogliamo bisogna fare qualcosa in quell'ottica.
Ecco lo so, per come mi trovo e per come ci tengo che la mia situazione migliori, quest'ultimo dovrebbe essere l'atteggiamento più indicato.
Sono in una fase apatica, che devo dire. L'accidia, l'ignavia sono i mie peccati. Il peccato di quelli che mai non fur vivi, da disprezzare categoricamente, come farebbe Dante, data la mia giovinezza.
Ma non è il pensiero dell'età, che pur sto sprecando, che mi risolleva. E' che altre cose invece mi abbattono: come le persone che mi circondano, quelle che si dicevano amiche ma che poi mi hanno abbandonato in nome di una popolarità tra altre persone che prima invece disprezzavano; come le persone che dicono che vogliono essermi amiche ma che non fanno nulla perchè questo accada; come le persone che ci sono e che apprezzo per questo ma che non ci sono mai abbastanza.
Dovrei accontentarmi?
L'ho fatto quasi sempre ma adesso non mi basta più. Non so di preciso cosa voglio ma almeno so cosa non voglio.
Non voglio questo isolamento sia scambiato per una ricercata solitudine, non voglio annoiarmi, non voglio perdermi le novità, le cose che mi interessano, la vita, non voglio perdermi.
Ci sono cose che da soli non è che non si possano fare, ma il risultato è diverso dal farle insieme a qualcuno a cui tieni e meglio ancora se anche questo tiene a te.
In mancanza di questa evenienza, in questo periodo in cui cerco di riprendermi, provo comunque a seguire l'istinto di volontà e faccio comunque quello che volevo fare; anche da solo.
Ho comprato un biglietto per un concerto.
"Due?" mi aveva chiesto il bigliettaio, come se avesse sentito male.
"NO" - gli ho risposto seccato - "UNO".
E' triste andare a un concerto da soli?
Si potrebbe...
Sarebbe stato più triste perderselo perchè nessun altro dei mie conoscenti ha voglia di andarci. Qualcuno forse lo troverò comunque, ma dovessi andarci da solo cosa avrei da perdere?
A maggior ragione sarò me stesso, più delle altre volte, allenterò tutte le inibizioni dovute alla maledettissima e odiosa paura di fare brutta impressione a chi vuoi che ti dia l'amicizia o l'amore, e mi lascerò andare e mi lascerò trascinae dalle meravigliose melodie e riff e assoli di quel gruppo del quale ascolto in auto, dal mio computer, nella mia stanza le travolgenti canzoni.
Da solo, per me!
Nessun commento:
Posta un commento